Racconti

a cura di Libero ©

Presentazione

Carissimi amici, mi chiamo Libero , ma voi umani mi definite uno strigide. Sono un falco pellegrino dominatore del cielo, l’aria e’ mia amica e le ripide rocce sono il mio rifugio ed il mio mondo. Dall’alto il mio sguardo acuto, individua ogni piu’ piccolo oggetto. E’ vero lo confesso sono un predatore, ma caccio solo per sopravvivere. Non sono un bieco e brutale assassino come posso essere dipinto, ma un attento custode del cielo e talvolta della terra. Il mio profilo altero, fiero ed elegante, impreziosiva ed impreziosisce tutt’ora stemmi nobiliari di importanti famiglie, gonfaloni di varie localita’. Sono parte di un gruppo di cinque amici falchi: Vedetta, Notturno, Impavido, Giusto e per ultimo io…..Libero. La nostra missione e’ quella di sorvegliare in modo discreto, ma costante, la verde valle del Taro, compito arduo ma piacevole per chi come noi ama le selvagge valli e gli impervi declivi di giorno come di notte. Abbiamo cambiato la nostra natura…. non del tutto, infatti, seppur a fatica siamo diventati vegetariani, anche se di tanto in tanto non disdegniamo qualche boccone di carne…..che ci volete fare….siamo pur sempre falchi. Ci battiamo senza paura contro chi tenta con cattiveria e furbizia, di sfregiare il nostro mondo boscoso, e contro chi tenta di uccidere inutilmente gli animali che lo popolano. Siamo schivi, ma presenti, siamo come angeli custodi della valle. Unitevi a noi in questa missione, non lasciateci soli, seguite le nostre avventure. Nel nostro cuore speriamo di trovare molti amici da portare con noi in questo volo… Ne vedremo delle belle. Scopriremo le feste, le tradizioni che si perdono nella notte dei tempi e che si avra’ cura di tramandare.
Venite con noi amici di penna sulle ali del vento.
Il viaggio inizia ora.

Un colpo d’ala

La calda sera estiva cala sulla valle del Taro, ed anche questa notte come tutte le altre, entro in campo io, Notturno.
Posato sulla punta di un grande abete, mi lascio dondolare qua e la’ cullato dalla lieve brezza che va dal monte al piano… e’ quasi un soffio impercettibile che non sposta nemmeno le piume, ma la sento pesante ed appiccicosa sui miei occhi. Anche quest’ anno la canicola estiva durante il giorno si fa sentire molto forte, impedendo persino di notte, che la temperatura si abbassi.
Io ed i miei compagni falchi, abbiamo dovuto ridurre di molto i nostri voli ricognitivi, ma nonostante cio’, il nostro impegno non cessa. Dall’ alto della mia postazione, dal monte che sovrasta Solignano, S. Antonio, si vede un grosso serpente nero ricco di mille luci colorate bianche e rosse…voi umani la definite ” Autocisa”. Anche lei come me non dorme neppure di notte. E’ in continuo brulichio di sagome metalliche luccicanti al sole.
Talvolta e’ un po’ assordante per tanti animali che hanno un udito eccezionale. Questa autostrada, si snoda lungo la val Taro per abbandonarla prima di giungere al Passo della Cisa. La societa’ Autocamionale della Cisa e’ stata fondata il 6 settembre 1950, la sua sede sociale era a Noceto e dal 1nov 2017 e’ stata incorporata in S..A.L.T.
La data di apertura fu il 1975. Chiamata Parma-Mare o Parma -La Spezia, l’autostrada A15, mette in comunicazione diretta la pianura padana con la riviera ligure e la Versilia. L’ altitudine massima cui si arriva, presso il valico della Cisa e’ di 750 m circa.
Lungo questa autostrada, si possono incontrare viadotti e gallerie che danno al tracciato una notevole complessita’ dovendo attraversare profonde gole ed impervi rilievi dell’appenino tosco emiliano. Nei pressi del Km 9, e’ situato il monumento detto “ciuffo” di acciaio e cemento opera di Luigi Magnani e vuole essere un monumento alle autostrade. Tra il 2003 ed il 2009 in localita’ Rocca Prebalza, comune di Berceto, a fianco di uno sperone di roccia ofiolitica che si erge sulla valle Manubiola, vi e’ un nuovo viadotto, recentemente portato a compimento. E’ vero si tratta di un serpente che a volte ferisce la montagna, ma da anche la possibilita’ a tutti di attraversare un ambiente selvaggio e assolutamente unico. Prima di arrivare al Passo della Cisa, volgete lo sguardo verso l’alto apparira’ il campanile aguzzo di una piccola chiesetta a protezione di quei monti.
Si tratta della chiesa della “Madonna della Guardia”.
Quando la scorgete ricordatevi di innalzare al cielo una preghiera affinche’ la protezione della Mamma Celeste discenda su tutta la valle del Taro perche’ possa rimanere inalterato per sempre..
Beh, cari amici piumati e non, per me e’ ormai giunto il tempo di un nuovo volo… La notte mi e’ compagna ed amica avvolgendomi col suo manto nero mi sento sicuro.
Ali al vento, a presto amici di penne.

Occhio di falco

Cari amici di piuma, e’ vero, il fiume Taro e’ proprio un sinuoso serpente che scivola rapido attraverso rocce e campagne…. si volta, si piega, curva e si allinea…. Passando per orridi, forma rive aspre e strette, valli che dolcemente cedono il passo alla pianura. Mentre sorvolo il mio mondo alcune case appaiono accatastate le une sulle altre, altre punteggiano qua e la’ la valle. Graziosi paesini affiorano pian piano, mentre una valle cede il passo ad un’ altra. Certi paesi sembrano libri e certi libri appaiono paesi, ma quando libri e paesi si intersecano nella nostra mente, allora ci rendiamo conto che siamo davvero in un posto magico. I campanili svettano acuminati sopra i tetti delle case creando un effetto scenico simile ad un presepe. Talvolta, sia d’estate che d’inverno, la bruma riveste le sponde del fiume creando un altrove ricco di emozioni e di suggestioni. Tra gli alberi si intravedono, talora, strane figure nere, ma se ci si sofferma attentamente, si vede che sono solo mille e mille tronchi d’albero celati da un candido mantello di rugiada. Uno strano magnetismo si avverte in questi luoghi che sia un incanto? Non so…… I miei occhi non mi hanno mai ingannato….. Eppure laggiu’ nel fondo qualcosa di stravagante e oscuro si muove. Fisso attentamente usando tutto il potere che ha la vista di un falco.
Che abbia ragione nonna Mirtilla? Che esista davvero il piccolo popolo che si palesa solo in determinati momenti?
Vorrei parlare con loro, ascoltare le loro vicende, studiare i tratti del loro viso e interpretare i loro desideri, ma non posso disturbarli e non desidero che si accorgano di essere osservati. Questi spiriti meravigliosi che si nascondono negli alberi, devono poter continuare a proteggere la natura che ha bisogno anche di loro. Cosi, con un colpo d’ala mi allontano. Sono felice di sapere della loro esistenza.
A presto cari amici di piuma.

L’ imprevisto

Salve amici di penna, eccomi a voi per una nuova avventura. Stavolta tutto accadde per caso mentre una splendida mattina di sole stava per iniziare e l’alba buttava manciate di rosa e violetto nel pallido azzurro del cielo. In fondo, nella casa di nonna Mirtilla, brillava una piccola luce ed un filo di fumo si inerpicava faticosamente verso l’alto. Volevo sentire il profumo delle sue crostate, cosi’ mi avvicinai. Nonna stava raccontando un qualcosa che aveva visto nella canonica del piccolo paese di Fornovo, qualcosa che le era particolarmente piaciuto. Parlava di una tela raffigurante due donne, una adulta, l’ altra piccola e della luce particolare che emanava da quel dipinto. L’ altra persona pareva interessata perche’ la conversazione era molto animata. A noi volatili, a me in particolare, interessano le vicende umane e se vi e’ qualcosa da scoprire sono il primo a partire. Scesi veloce verso la canonica ed anche se con difficoltà riuscii ad intravedere quella tela. Era davvero graziosa, una mamma ed una piccola che teneva tra le mani un foglio con strane lettere. Mi venne il desiderio di decifrare quello che sembrava un messaggio . Mi ricordai di una persona che era in grado di affrontare quella prova e velocemente mi diressi verso la sua casetta appollaiata all’ estremo nord dell’ abitato. Dall’ alto vidi la mia amica intenta allo studio di antichi testi. La giornata era limpida anche se faceva freddo e noi falchi eravamo tra i pochi volatili che sfidavano le ancora gelide correnti di una primavera che stentava ad arrivare. Occorreva far in modo che nonna e la mia amica si incontrassero magari davanti ad una buona tazza di te’. Con abilita’ attirai la sua attenzione come avevo già sperimentato molte volte e con lenti voli circolari, volteggiai sulla casa di Mirtilla come per indicare un punto di riferimento. Era fatto. La mia amica aveva visto e capito, sapevo che di li’ a poco sarebbe andata da Mirtilla per chiarire il motivo del mio avviso. Forse pensava a qualche animaletto sperduto oppure a qualche incidente di natura ecologica. Questa volta si trattava di decifrare strane scritture antiche che in atto di amore o di predizione, davano valore al futuro. Il resto sarebbe venuto da sé. Cari amici di penna, ciò che accadde non lo so, ma dopo qualche giorno nonna era felice perché canticchiava le sue solite melodie e tanto mi bastava. Ora vicino alla scrittura antica ne campeggiava un’altra. La mia vista non poteva sbagliare. Brava la mia amica vero? A presto amici per un nuovo tuffo nella conoscenza . Con affetto Giusto.

La bella Estate

Cari amici, anche oggi per noi falchi non si preannuncia una giornata quieta, sorvolare e sorvegliare, pattugliare e scandagliare il territorio ….. credeteci è molto impegnativo. La calda estate è oramai nel pieno della sua forza ed anche se si ode ancora il suono della mitraglia noi dall’ alto dei grandi giganti di pietra e sui rami dei maestosi alberi secolari non smettiamo di vedere il bello che ci circonda. Apprezziamo la verde ombra dei pioppi neri, la scintillante luce di quelli argentati, i cirri color latte fluttuanti e soavi, il serpeggiare grigiastro-azzurrognolo di un corso d’ acqua. No, non solo la bellezza i nostri occhi scorgono, ma è quella sulla quale amiamo soffermarci e riflettere. Vedetta e gli altri sono già in perlustrazione, mentre io, Libero, riposo un poco le mie ali dopo un lungo volo e colgo l’ occasione di vedere bellissimi fiori. Ecco, GUARDATE anche voi assieme a me.

L’ Equinozio di Autunno

Cari amici eccoci nuovamente con voi, un’ altra estate è passata e l’ inverno si avvicina, speriamo non sia troppo rigido. Poca è stata l’ acqua che è caduta dal cielo in questi mesi, la terra riarsa si spacca come la crosta di una torta bruciacchiata, quanta fatica abbiamo avuto noi falchi, per trovare un sorso di acqua fresca. Ed ora inizia la stagione delle piogge, la stagione dei funghi e delle castagne …. e voi esseri a due zampe cosa fate? Noi lo vediamo siete indaffarati a raccogliere tutto quello che il bosco produce senza pietà per noi selvatici, passate in squadre e fate razzia di tutto…. animali compresi. Noi sentiamo quanto poco rispetto c’è per gli esseri viventi dei boschi, e per le piante colpite da falcetti, branditi in malo modo, per farvi spazio tra la vegetazione. Per fortuna però, vediamo anche che ci sono esseri davvero UMANI che invece, soccorrono chi di noi é ferito, curano il bosco lo tutelano e sono guardiani custodi. A loro va il nostro plauso, la nostra gratitudine, il nostro timoroso affetto. E che dire di queste giornate dai colori caleidoscopici? Che dire della tempesta appena passata? Nulla, solo terrore e buio, ma noi falchi non vogliamo ricordare i momenti brutti, non abbiamo il tempo per essere tristi, dobbiamo lottare con la vita e a volte contro essa. Amiamo altresì, ricordare l’ arrivo della luce, il sole dopo l’ uragano e le piante che frustate dal vento, fanno cadere dai rami gocce di pioggia come lacrime, per lasciare alle spalle la minaccia superata. Anche questa è meraviglia di Dio. Godetevi questa immagine con noi scattata qualche giorno dopo rispetto l’ Equinozio celeste. A presto cari amici.

La notte di San Giovanni

“San Giovanni…. Ma cosa ha di così importante questa festa per voi Emiliani?” Noi falchi ce lo chiediamo da sempre, anche se percepiamo sensazioni magnetiche particolari. È come se l’ aria cambiasse profumo, è come se si percepisse una frenetica fermezza del mondo, tutto passa e tutto rimane immutato, mutando con con la grinta e il potere del sole in questo pilastro dell’ anno. “San Giovanni” dice falco Notturno ” fatemi pensare” continua, “dobbiamo recarci da nonna Mirtilla solo lei può spiegarci la magia di questi giorni”. Così i falchi si recano sul vecchio olmo, a ridosso della casetta della nonna che si trova in prossimità del bosco. Adagiati sui possenti rami dell’ albero ascoltano favole vere dalla bocca di Mirtilla. ” Dovete sapere” inizia la nonna “Che la notte di San Giovanni è speciale, si dice che l’ acqua del mattino o rugiada tolga i malanni e i dolori non solo per noi bipedi ma anche per i quadrupedi e per voi volatili…. È la tradizione… Bisogna invocare il Santo, recitare una preghiera e bere l’ acqua…. perché non provate?”. I cinque amici seppur scettici non vogliono contraddire la nonna, ringraziano e tornano al loro rifugio. Giunti nel loro eremo si scambiano mille commenti, nessuno troppo entusiasta. Nessuno ci crede o almeno così sembra tranne uno, Impavido, che sorvolando nella bruma del mattino l’ altipiano, scorge immense foglie di bardana, ricolme di mille gocce scintillanti, dai colori bellissimi. Impavido non esita a scendere, a recidere il fusto che regge la grande foglia, e con un abile movimento, ripiegarla su se stessa formando un piccolo cartoccio ricolmo d’ acqua. Chissà se gli sarebbe servita? Chissà come la avrebbe usata? Quanta meraviglia e sorpresa, quando al risveglio gli altri falchi si sarebbero trovati costretti ad un bagno non programmato di prima mattina con la magica rugiada. E’ il 24 Giugno giorno di San Giovanni.  

Nonna Mirtilla racconta

Al dila’ delle tre valli, al dila’ dei tre monti, al dila’ dei tre ruscelli vi era una grande radura e li’ abitava nonna Mirtilla con le fate gli elfi gli gnomi e le salamandre. Abitava in una graziosa casetta al limitare del bosco. Il tetto era fatto di tavole di legno. Era linda, ben tenuta con graziosi fiori rustici multicolori alle finestre. Questo luogo emanava pace, tranquillita’ e…..non ve lo nego…un po’ di magia. Grossi abeti rossi ,stavano a lato della dimora come guardie durante un picchetto d’onore , dando frescura nelle giornate estive e riparo ai molti animaletti del bosco che ivi avevano la tana. La porta era piccina e robusta di un bel legno chiaro. All’interno della casetta, la nonna aveva uno scaffale con tanti vasetti contenenti leccornie ed erbe officinali di ogni genere, dalle piu’ comuni aromatiche come timo, rosmarino, salvia, melissa, alle officinali più disparate come  iperico,  radicchiella,  menta, erba stregona, erba crespino, e così via. Nonna Mirtilla aveva i capelli sale e pepe raccolti in uno chignon che fermava regolarmente con uno spillone. I suoi occhi profondi color castano, lasciavano trasparire dolcezza, determinazione e molta pazienza. Un bel sorriso illuminava il suo volto . Amava vestirsi utilizzando grembiuloni di vari colori, ma sempre e dico sempre con disegni di mirtilli e frutti di bosco. Un giorno di prima mattina, la nonna sentì uno strano verso proveniente dal grande abete a lato della sua magione. Era un fischio lungo e doloroso come un….. piiiii….. piiiii …… piiiii. Si asciugo’ velocemente le mani nel canovaccio e si precipitò fuori per vedere cosa stava accadendo. Era un falco pellegrino che si lamentava invocando aiuto. Mirtilla cercò di attrarre l’attenzione dell’animaletto su di sé dicendo:  Qua piccolino….qua!!!Posso aiutarti! .Quel falco era Libero, il guardiano della Val Taro. Libero si fece coraggio e scese di damo in ramo. Era incredibile, capiva il linguaggio dell’anziana signora e , a quanto pare, lei capiva il suo. Probabilmente era un dono dei folletti del bosco. Libero spiegò alla nonna che durante un giro di ricognizione si era slogato una zampetta. Allora nonna Mirtilla tornò in casa, prese un catino con acqua ed erbe speciali, vi intinse la zampetta di Libero e, sbiascicando alcune parole, la segnò con la croce. Libero. stava già meglio. “Grazie mia maga!” Lei rispose : “Non mi ritengo maga, ma …….forse una piccola streghetta. “Da allora in poi, Libero fece ancora visita molte volte a Mirtilla e lei gli raccontava incredibili favole vere…. Ma questo è un altro racconto!…. A presto cari amici di penna …. Agosto 1943 Pietro Dallapina

Natale 2021-2022

Un parallelismo tra il Natale 2021 e il Natale del 1944. Si riaccende il ricordo e la voglia di stare insieme, momenti perduti del tempo che fù, così lontani e così attuali dato i molti conflitti bellici tutt’ ora attivi sul globo terracqueo.

Il sole bello deve ancora arrivare, e la nebbia nel frattempo, circonda ogni cosa, celando e svelando fluttuante al moto della timida e tremante brezza i muri… gli alberi… i visi divisi dalla gelida sciarpa che cinge i volti e ne toglie i lineamenti. E tutto appare sfocato e tutto trema, persino gli animali si fan più, audaci e meno schivi. L’ aulente rugiada muta in brina, di più….. in galaverna, e se piove? Si fa vetro-ghiaccio, che avvolge le meraviglie del creato. Al di là, nella stalla un gatto che dorme, un bimbo che spara con fionda sul tralcio di quercia, che gioca alla guerra, che spera in balocchi ornati di mille colori. Le voci son fredde, fumanti dal gelo che prende il fiato mutandolo in nebbia. Le voci son ovattate, son rotte di pianto per il figlio lontano che lotta, che NON gioca alla guerra, che non spera in balocchi ornati di mille colori, che non spara con fionda, ma con vero fucile, che il nemico c’è davvero e che duro da far perire….. E cosi come si è arrivati, di fretta si scivola via, il ricordo che resta dei tempi lontani da conforto e fantasia….. fantasia vieni a me per andare lontano dal terrore che non è il nostro, da un volere che non ci assomiglia, e nel tempo sospeso che già ci innamora, che già ti ritrova col sorriso di sempre, bell’ amore di pace, noi lo so, ci ritroveremo ancora abbracciati a Natale. Natale 1944 Pietro Dallapina alla fidanzata Gemma Folli.

La soffitta di Nonna Mirtilla 1° parte

Cari amici di penna, dove eravamo rimasti… ad un Natale lieto e tranquillo, che si contrapponeva alla frenetica fretta durante le feste, al nervosismo puntiglioso e sterile, che accompagna l’ uomo moderno verso chissà quale cambiamento o decisione da prendere. Molte le cose da allora son cambiate, pur rimanendo al contempo immobili in una amalgama di colori dai toni cupi, nonostante ciò  una certezza rimane, la squadriglia di falchi che sorvola libera e serena le nostre valli. Erano le prime luci dell’ alba in una calda mattina estiva, Libero ed il suo gruppo erano già alti nel cielo. Il sole torrido picchiava martellate roventi sulla testa e sui pensieri dei valligiani. Nonna Mirtilla, nel frattempo, aveva già preparato catini d’ acqua fresca e grosse fette di anguria gelata sul tetto di casa in attesa che arrivassero i falchi sia per rifocillarsi, sia per ascoltare una delle sue storie. Ed ecco la squadriglia all’ orizzonte che planava verso casa della nonna e più precisamente verso la soffitta. Giunti da Mirtilla, i falchi banchettarono lautamente, e poi iniziarono a curiosare furtivi e rapidi fra tutti quegli oggetti impolverati. Giusto, il falco più saggio e curioso, sollevò un mucchio di fotografie posate sulla scrivania, ed ecco apparire sotto quel cumulo informe, un monocolo ed un cannocchiale impolverati, vicino alla inseparabile macchina da scrivere Olivetti, dall’ altro lato diverse copie della Domenica del Corriere e della gazzetta di Parma dei primi anni del novecento. Un caos bellissimo e colmo di cultura dove perdersi per ore, ogni foglio é un avventura ed ogni cassetto un piccolo e fragile mondo in miniatura. La nonna poi iniziò a recitare detti popolari, modi di dire e filastrocche dai termini bizzarri.

“Pinocchietto va al palazzo, con i libri sotto al brazzo, la lezione non la sa, un bel zero prenderà”….. ” Tèmp e paja madùrisa èl nespoli” che sta per ” il tempo e la paglia fanno maturare i frutti”, o meglio, “chi la fa, prima o poi il fato, col tempo lo punirà” …. “Gira e bestìra a sèma sèmper da nù éter”, che sta per ” gira che ti rigira siamo sempre da soli”, spesso utilizzato dai genitori generalmente in caso di mansioni domestiche dove difficilmente si trova l’ aiuto da parte dei figli quando si tratta di disbrigare le faccende. Oppure ancora “I sòld e l’ amicìsia i freghèn la giustìsia”, oppure ” chi dice MA il cuor contento non ha, e chi MA non dice il cuor non ha felice”. I falchi erano divertiti ed estasiati nell’ udire quell’ idioma così particolare, attenti e curiosi non si perdevano nulla. I falchi non resistettero e iniziarono a sfogliare quei meravigliosi giornali stampati in stile liberty del 1919. In particolare Vedetta, la falchetta “vanitosetta” del gruppo, si soffermò sulle pubblicità dedicate al gentil sesso, esteticamente di gran pregio, riccamente agghindate con bei ricami e preziose cornici. Qualcosa attirò anche l’ attenzione di Giusto, che interruppe la cantilena della nonna, ed incuriosito domandò che negozi erano quelli immortalati nelle foto… ma per questo la risposta, ci sarà nel prossimo racconto …. a presto cari amici.

Fine prima parte.

Pubblicità anni 1920

La soffitta di nonna Mirtilla 2° parte

In un angolo della scrivania emerge tra le carte, una foto del 1950, fatta col grand’ angolo, si vede spuntare nel fondo, una bella ed elegante signora di nome Nella, in Porcari, la venditrice di latte porta a porta, una donna affabile e molto pulita. La signora, aveva la sua dimora, sita nei pressi della stazione di Fornovo, e da lì partiva col bidoncino stracolmo di latte ed urlava, ” donne il latte”; sempre puntualissima tutti giorni alle 16.Io, in quegli anni, abitavo proprio nei pressi della stazione di Fornovo, ero una bambina, e scendevo assieme alla mia amichetta Gianna Alfieri dalle nostre abitazioni, con pentolini dalla capacità, o un quarto, o da mezzo litro per acquistare il bianco nettare. Ed il ricordo nella mia mente si fa odore…. Che profumo di latte…. Come era buono….  Sulla sua superficie c’ erano minuscole goccioline giallastro – perlescenti, dette occhiature di grasso, preziosissime, perché  grazie alla loro presenza, utilizzando una piccola zangola casalinga, facevamo il burro. Non posso neppure scordare, quando andavamo all’ emporio, sempre negli anni 50, in zona stazione c ‘erano i sig. Dallatommasina tutto era venduto sfuso, al dettaglio. Non c’ erano confezioni di plastica dal peso prestabilito,  ma era il cliente che  comandava ciò che serviva giornalmente. La farina, uova, legumi, affettati, pasta e zucchero; ecco quest’ ultimo, in particolare, era avvolto in una elegante carta color ceruleo, il famoso color carta da zucchero tornato in auge nel vestiario dei giorni nostri.  Sembra di parlare dell’ 800, in realtà siamo solo nel 1950- 1960. Un periodo di rinascita e di bell’ avvenire, eravamo più poveri di adesso, ma avevamo “un lusso” che nessun denaro o nessun signore del potere se lo poteva acquistare, questo prezioso “bene” era il tempo….. il tempo di fare le cose a mano, il tempo di vedere amici e parenti, il tempo di leggere….. di godersi la casa, di leggere, di ricamare e con noi durante quei momenti l’ inseparabile radio che faceva i programmi per ragazzi: “Io sono Mastro Lesina e fo il ciabattin, io faccio le scarpe per grandi e piccin, sedetevi qua’, se or vi va’, che ho bella fiaba da narrar….” . 

bidoncino di latte anni 50

Che gran bel periodo…. In tutti c’ era speranza per il futuro e voglia di fare. Si andava a dormire senza chiudere la porta di casa con la chiave, e per non perderla la si lasciava nella toppa della serratura.  Pensare che si tratta solo di una manciata di anni fa. “Tempo fuggit”, diceva quello…. e quello, credetemi, aveva ragione. A presto cari amici…

Bagliori multicolore

Carissimi, racconto poco, sto sempre in disparte, ma questa volta il vostro Notturno ha qualcosa da dirvi. Sorvolando nelle ore più buie le valli del Taro e del Ceno, in tutti i periodi dell’ anno, ma specialmente in estate, m’ accorgo che moltissime luci dai toni più tenui a quelli del giallo intenso segnano la notte. Durante la stagione calda, le sagre paesane e le fiere moltiplicano lo sfavillio e lo sfarfallio alternato della corrente elettrica, creando una trina multicolore su sfondo nero, quasi a parer un abito da sera, di foggia sartoriale. Qua’ e là le musiche di orchestre e bande inondano di note festose borghi e paesucoli.  Dal mio “alto punto di vista”, posso udire con pienezza la varietà dei suoni, che mi giungono simili ma diversi, candenzati o turbolenti….e che dire dei profumini di cibo ch’è l’ vento trasporta sino a me, beati voi che potete degustare queste leccornie… un vero ben di Dio. Continuando il mio volo planare, odo nell’ imminenza un boato nel cielo, ed un bagliore riluce e rischiara il nero della valle. M’ affretto ad appollaiarmi sull’ alto di un tiglio, povero cuor mio che colpo; un fischio sibilante, ed ancora, e molti simili, ed a seguire, un botto, che dico, son mille i botti che echeggiano facendo scuoter i monti e tremar il fiume. Poi un luccichio color ocra accende l’ aere come il tramonto ed una pioggia d’ oro ridisegna il profilo d’ ogni cosa. Tra me e me dico, son fuochi d’ artifizio…. mi son spaventato per nulla….. poveri selvatici che non sanno cosa l’ uom archibugia!  Suvvia, cogliamo l’ aspetto ludico, rimugino tra me, faccio belle foto da portar ai miei compari. A presto cari amici.

Ringraziansi sig. Pesci Mariuccia

La Gabbianella

Nel fresco autunnale, io, Libero, in compagnia del mio gruppo di volo, stavo puntando verso quel di Collecchio, seguendo da lassù, le anse del fiume Taro; quando ci accorgemmo di uno stormo bianco assestato nel sabbione dell’ alveo, in una zona semi-stagnante. Io e gli altri decidemmo di scendere di quota, per accogliere questi “migranti volanti”. Appena giunti sui rami della maestosa acacia e del flessuoso pioppo tremulo, si avvicinò, rapida e coraggiosa, una giovane Gabbianella, che ci invitò ad unirci a loro. Noi falchi non ce lo fecimo dire due volte, e subito planammo su di un grosso monolite ofiolitico affiorante dal greto, a pochi battiti d’ ale, dai bianchi gabbiani. Iniziammo subito a discorrere ed a scambiarci notizie ed informazioni, anche se, non erano affatto confortanti, infatti, la siccità ed il caldo torrido avevano avuto come effetto secondario la morte degli animali fluviali, sia squamati sia piumati. I candidi “coinquilini del fiume Taro”, quindi, erano giunti sin qui per avere la possibilità di sopravvivere e cibarsi, almeno per qualche mese. Purtroppo, anche nelle nostre zone la situazione non era delle migliori, così noi falchi lasciammo loro “cibo da sopravvivenza”, preparato dalle abili mani di nonna Mirtilla. Si suggellò, in questo modo una bella amicizia, in erba, appena sbocciata, ma sicuramente destinata a divenire duratura e a rafforzarsi.

Gabbianella

Il mastro delle bolle di sapone

Carissimi amici, la nostra giovane Gabbianella narrando,  narrando storie di luoghi lontani, rapi’ la nostra attenzione,  raccontandone una in particolare, riguardante di maghi e di magia.  Gabbianella, infatti, durante le scorribande dal piano al monte, e dal monte al mare, ricorda di essere approdata in una ridente cittadina ligure. La piccola, stremata dal lungo volo ed assetata, decise di planare ed appollaiarsi tra i folti sbuffi d’ acqua di una grande fontana, per abbeverarsi e riposarsi un poco, quand’ ecco,  la sua attenzione venne improvvisamente rapita e notò un grande globo oblungo ed iridescente giungere verso di lei.

Mago Sig. Garibaldi Luca

La Gabbianella voltò lo sguardo oltre il grosso globo informe, e vide con sorpresa, che quell’ ammasso traslucido proveniva da un grande cerchio, fatto muovere con maestria da un uomo con una maglia color arancione. Incuriosita e meravigliata, la piccola volatile si fece più vicina a quel signore, che senza batter ciglio, le sorrise amabilmente improvvisando, dapprima per la giovane Gabbianella, poi per un più  numeroso e nutrito pubblico, giochi di magia, illusionismo, arricchendo lo spettacolo con una miriade di cangianti e fragilissime bolle di sapone.  Dai suoi cerchi magistralmente insaponati si plasmano bolle di qualsiasi dimensione e forma; a volte, lunghi serpentoni fluttuanti multicolore, altre volte, paiono talmente piccole, da rendere il cielo mosso come acqua. L’ effetto ottico è molto apprezzato da tutto il pubblico, e, come afferma con sicurezza Gabbianella, sono meravigliati ed interessati anche i volatili, che vedendo quegli strani,  caleidoscopici, molli e roteanti oggetti, provano in cuor loro una gran serenità . Ebbene cari amici, guardate anche voi qualche scatto assieme a noi. A presto.

Ringraziansi Sig. Garibaldi Luca

Notturno alla scoperta di Marte

Questa estate è davvero speciale cari amici, sagre e feste saranno accompagnate da un evento astrologico speciale; fatti il pianeta Marte non si è mai trovato così  vicino alla terra negli ultimi due decenni, dista solo 57,6 milioni di km dal nostro pianeta. In oltre Marte si troverà tra la Terra ed il Sole. In questi giorni il pianeta rosso mostrerà il massimo della sua brillantezza essendo in perielio,  ossia nel punto più vicino al Sole. Io, falco Notturno, sono affascinato da tutto ciò che non è terrestre, e mi concedo, durante le ore piu’ buie di scrutare la volta celeste alla ricerca di questo o di quel fenomeno fisiologico mischiando le nozioni di fisica con astronomia e astrologia. Gli altri falchi del gruppo, per questa mia passione, propendono per l’ ipotesi che io discende da falchi egizi ….. teoria avvincente non trovate? Sono certo che non vi era mai capitato di incontrare un falco come me, ma io vivo d’aria, di percezioni, di magnetismo ed in assenza della luna, come saggio marittimo, i pianeti e le stelle sono la mia guida. Ma torniamo a Marte, che apparirà in tutto il suo splendore dalla direttiva cardinale est-sud-est ed avrà un bel color rosso-arancione. Pensate che secondo la mitologia classica , si tratta di un pianeta dall’identità prevalentemente maschile, pur essendo mosso dall’inconscio, essendo cioè portato a «reagire» più che ad «agire». Secondo la mitologia greca, il dio Ares (corrispettivo del Marte latino) era figlio di sola madre, essendo stato generato da Era autonomamente, senza il contributo di Zeus. Per i Greci come per i Romani era il dio della guerra, oltre che un amante focoso e virile. Presso i Romani, tuttavia, la sua virilità è incanalata nel senso della paternità, essendo Marte il padre naturale di Romolo, e preposto alla tutela della stirpe. Dante Alighieri colloca nel Cielo di Marte i guerrieri della fede. Nel Convivio, sempr’ egli lo paragona alla musica, sia per la sua posizione mediana ed armonica, sia per la sua capacità di attrarre gli spiriti umani distogliendoli da ogni altra attività. Sul piano alchemico, Marte è associato al ferro e al colore rosso. Secondo la moderna concezione esoterica, sul corpo eterico di Marte, di cui il pianeta fisico è solo l’espressione visibile, hanno dimora gli spiriti luciferici, che esercitano un influsso sulla Terra accendendo negli uomini desideri e impulsi sfrenati .

Marte Luglio 2018

«[…] Marte, secondo che dice Tolomeo nel Quadripartito, disecca e arde le cose, perché lo suo calore è simile a quello del fuoco; e questo è quello per che esso pare affocato di colore, quando più e quando meno, secondo la spessezza e raritade delli vapori che ‘l seguono: li quali per loro medesimi molte volte s’accendono, sì come nel primo della Metaura è determinato. E però dice Albumasar che l’accendimento di questi vapori significa morte di regi e transmutamento di regni, però che sono effetti della segnoria di Marte. E Seneca dice però, che nella morte d’Augusto imperadore vide in alto una palla di fuoco; e in Fiorenza, nel principio della sua destruzione, veduta fue nell’aere, in figura d’una croce, grande quantità di questi vapori seguaci della stella di Marte.» (Dante, Convivio, II, 13, 21-22). Vi ho fatto sollevar, con queste mie parole, il naso da terra almeno per un attimo, per scordar gli umani pensieri e l’ umano destino. Con la speranza che, ci troverem sta notte insieme, a rimirar il firmamento appeso sopra le nostre teste, vi lascio col mio consueto saluto. A presto carissimi amici.

Gli antichi giuochi di Nonna Mirtilla

Cari amici piumati e non, sono Giusto, ed all’ alba  di ogni mattina le 5,45 per voi bipedi, sorvolo già la valle, ispezionando orridi e colline seguendo il sperpenteo fiume. Volando, volando eccomi prospiciente alla graziosa casetta di Nonna Mirtilla. L’ olezzo di pane fragrante che esce dalle minute finestre, pervade l ‘ intera vallata. Devo prendere il coraggio a due ali e planare il più  possibile vicino ad esse. Come posso farmi notare dalla nonna ….. Potrei lanciare il mio solito grido, oppure pichiettare col becco sul vetro delle finestrelle….. Farò  tutte e due le cose. Ed ecco, poco dopo apparire nel fondo della stanza l’ amabile figura di Mirtilla, con un bel piatto, fumante, di torta di patate appena sfornata. Al sol vederla il cuore mio si fa più leggero quasi alato, e come nuvola si riempie di pioggia, sì il mio cuore si riempie di pace e serenità.  L’ accoglienza della nonna è delle migliori, mi sorride e mi porge acqua fresca di pozzo e torta calda. Pancia mia fatti capanna!!!  Mentre assaggio questa prelibatezza decido che, trascorrero’ con lei le mie ore di riposo quotidiano, e chissà se, come ha promesso, mi insegnerà gli antichi passatempi estivi dei fanciulli d’ una manciata di anni fa’….. 

Il primo giuoco vien soprannominato “Giovanèn stà in pè”, ed occorre un delicato e grazioso fiorellino violaceo di Malva, dalle mille virtù, ma quella fondamentale per noi giocatori è  l’ adesivita’; infatti recidendo peduncolo e petali, troviamo il ricettacolo del fiore, sede di una sostanza liquida e zuccherina molto ricercata dagli imenotteri. Questa sostanza adesiva, permette alla porzione centrale del fiore, ovario, di essere così appiccicoso che, voi umani lo potete attaccare nell’ incavo della mano. Questa parte centrale formata da pistillo ed ovario si chiama Giovanèn, ed anche se Mirtilla muove la sua mano, questo pistillo, non si stacca ne’ si abbatte. La cantilena che si recita mentre si muove la mano è questa: “Giovanèn Giovanèn stà in pè che la nòna la fà i torde’, la fà i dorde con la marmlèda….” eccetera terminando con ….. “e la fòla l’è scapusèda in’t nà vìda  e la fòla le bèle fnìda”. A presto cari amici, al prossimo gioco.

Gli antichi giuochi di Nonna Mirtilla 2° parte

Cari amici come promesso, Nonna Mirtilla doveva svelarmi i suoi antichi giuochi, curiosità di falco…. Nonna è già all’ opera per insegnarmi il secondo, questo si chiama il topolino. Occorrono un fazzoletto quadrato di cotone, tanta manualità e soprattutto fantasia. Mirtilla, non prede un solo attimo e con destrezza di fata prende il fazzoletto, lo distende sul tavolo come se fosse un rombo, poi avvolge su se stesso e verso l’ alto, il vertice a lei più vicino, creando un salsicciotto con due estremità simili a piccole orecchie. Quindi prende le piccole orecchie e le piega su se stesse, come se fossero braccia conserte, resta solo un piccolo lembo triangolare che sormonta il fagottino. Partendo da questo lembo, la nonna lo avvolge nel senso opposto a prima, e come per magia quando ha finito il lavoro, appaiono ai lati, due piccole punte ben fissate, che non si slegano facilmente. La nonna dice che ha finito…. ma dove è la testa ed il codino mi domando?  Con un rapido gesto, la nonna avvolge su se stessa una delle due punte ed ecco, come per magia, nascere le orecchie del topo! E l’ altra estremità, libera di muoversi pare proprio un codino!  L’ illusione però non era finita qui, infatti, la nonna mette il topino sul palmo della mano con il lato orecchiuto verso il braccio, mentre teneva ben salda, tra le dita medio ed anulare, il codino. Non ci crederete mai cari amici, ma il topo ha preso vita tra le sue mani, Mirtilla con gesti sapienti aprendo e chiudendo rapidissimante le dita, fa muovere il topino con un effetto stupefacente. Starei ore ad osservarla, ma è tempo di un altro giuoco…. a presto cari amici.

Gli antichi giuochi di Nonna Mirtilla 3° parte

Carissimi come promesso, Nonna Mirtilla, s’ appresta ad insegnarmi il terzo gioco creato con la natura, per i più piccoli. Per creare il trono delle fate, dovete prendere sette infiorescenze di Plantago Lanceolata e qualche foglia della stessa pianta per impreziosire il trono. Un’ interessante raccomandazione, e ‘ che,  nel momento in cui cogliete le infiorescenze, cercate di prendere quelle con lo stelo più  lungo, altrimenti non riuscirete nel vostro intento. Come spiega Mirtilla, si inizia tenendo in mano i sette steli allineati. La nonna procede intrecciando un gambo con l’ altro, a mezza altezza del fusticino, in modo da formare un’ angolo ben stretto, avendo cura di non usare l’ ultimo fiore. Questo, non sarà sprecato bensì, viene piegato ad arco sopra agli altri, per creare lo schienale del trono. I capi verran legati fra loro con una ottava infiorescenza, che renderà il tutto solido. Con le mani si darà la forma alla sedia o trono delle fate, arricchendo la seduta con lunghe foglie alla base. Vogliate apprezzare i disegni stilizzati. A presto cari amici. 

L’ antica chiesetta della Cisa

Passo della Cisa – Santuariio della Madonna della Guardia – Berceto (Pr)

Aggrappata alla debole roccia, sta una piccola chiesetta, dall’ alto della rupe custodisce la valle. La chiaman Madonna della Guardia. Sorge solinga in un prato, tra la poca erba e le spighe d’ avena fatua, rinsecchite dal sole. Qui solo noi falchi ti facciam compagnia, o chiesetta, colla poiana che lenta sorvola la guglia del campanile. Mentre passan nubi rade, noto posarsi sulla tegola rotta, un tremulo macaone, che cerca ristoro dall’ implacabile sole, che cerca una goccia di rugiada, un riparo ed un nascondiglio brama. Ed io, Impavido, non oso spostar neppure una piuma, al fine di non infastidir il piccolo viandante.

Ohhh Vento, non colpire l’ ale della giovane farfalla, lasciala un poco sostare al mio fianco. Qui a Berceto, l’ estate è  più fresca…. ma or chi ronza vicino a me, un maggiolino fa capolino portandosi più vicino, con le elitre verdi e lucenti, con le cervine antenne. L’ ale son le più deboli, paion di carta velina e translucide al sole. D’ un tratto vedo che arranca il povero scarabeide, sì mi avvicino ma non troppo, non vorrei si spaventasse. Alza il capino e con felbile voce chiede, un poco d’ acqua, ed io, che sono sempre attrezzato per ogni evenienza, ho una piccola borraccia al di sotto dell’ ala. Facendo attenzione ne cavo poche gocce, e le pongo vicino a lui. Il povero coleottero si butta a capo fitto, ed io aggiungo qualche grano di zucchero. La dolce bevanda noto che piace. Tutta la succhia fino alla fine. Con voce più forte ora mi dice, che è sazio, rinvigorito e può riprendere il giro. Per Impavido, è ormai giunta l’ ore di rincasare, la notte è buia e molto devo ancor volare.

Nuvole e nuvolaglia

Cari amici il vostro Impavido, la leggenda della Valle, per i miei voli mozzafiato… adoro avvitarmi come foglia per poi battere in picchiata come dardo, sempre piu su nell’ alto dei cieli, senza paura, controluce verso il sole. Oggi ho deciso di puntare più in alto di tutti…. sfrutto le correnti ascensionali e mi porto su di una alta rupe.  Appollaiato quassù vedo il passaggio di enormi bianche nubi ed a trascino della nuvolaglia di poco conto, cirri da quanto scorgo. Se le osservo con cura e lascio che la fantasia vada a briglia sciolta, ecco apparire come per magia, mille e mille forme. È vero, direte voi, le nubi non son null’ altro che ammassi gassosi provenienti dal mare, sospinte dai venti e dalle brezze; nel mio fantasticare però io vedo di tutto. Noto passare serpente gigante, o farfalla fluente, o silfide del cielo; in verità ciò che sempre tento di scrutare è l’ immagine cara di chi non c’è più, mi basta il profilo d’ un becco all’ insu’ perché  io trasalga e intraveda i miei antenati. Sì, quando son triste, cerco compagnia tra le nubi e mi sento più vicino agli affetti più cari, e capisco che, lo so che non sono solo quando in realtà lo sono…. A parlar di nubi s’è fatto tardi, sarà meglio che mi sbrighi a prender la brezza di monte per ritornar sul Taro, verso il tetto natio. Un abbraccio, e ali al vento.

Volti ritagliati nella luce
Gattino
DEE NEFELICHE TRA LE NUBI

Cerchi di ferro

Cari amici, quest’ oggi viaggerete con me, il mio nome e’ Giusto, sono il vecchio falco caposquarda. Nel mio girovagare per la valle, spostai la mia attenzione su di un dettaglio del paese di Fornovo Taro. Infissi qua’ e la’, lungo il muraglione che divide la Piazza del Mercato dal fiume Taro, vi sono innumerevoli anelli di ferro antico. Appollaiandomi d’ apprima sul pioppo ivi presente, decisi poi di planare verso il grande manufatto di cupi mattoni. Osservando il tutto piu’ da vicino, notai che questi manufatti tondeggianti, son di foggia e materiale molto antico. Chissa’ qual’ era il loro uso.  L’ unica amica che poteva disciogliere ogni mia domanda, come si disciolgon i crini intricati, era Mirtilla. Sul far della sera decisi di recarmi da lei contando sulla sua saggezza e disponibilita’. 

Nonna confermo’ cio’ che avevo immaginato. Fornovo, da sempre crocevia e porta dell’ Appennino, luogo in cui le colline cedono il passo alla pianura, era ed e’, ricco di scambi commerciali ed il mercato, specie quello boario era rinnomato in ogni dove. Qui venivano dal monte al piano e dal piano al monte, per scambiarsi prodotti tipici ed armenti, chincaglierie ed artigianato; chi risuolava, chi ferrava, chi stagnava e chi riparava persino ceramiche rotte. Quei grossi cerchi metallici, per l’ appunto avevano, per l’ appunto il compito di assicurare i cavalli, i buoi, era piu’ difficile postare gli ovini o caprini, (per questi si usavano piccolo recinti improvvisati), durante le fiere ed i mercati. Mirtilla come suo solito non mi ha deluso, e’ una vera e propria miniera di saperi, ed e’ rassicurante il suo cognoscimento.  Bene cari amici e’ giunto il momento di salutarci, ali al vento, ed a presto.

Piazza Mercato Fornovo Taro